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Lettera aperta dell’Arcivescovo alla Città di Bitonto

Fonte dell’articolo Arcidiocesi Bari Bitonto

Lettera aperta dell’Arcivescovo alla Città di Bitonto

Il clima da Far West che negli ultimi giorni si respira tra le strade di Bitonto, caratterizzato da alcune recenti rapine e culminato negli “spari al cielo” della sera del 2 luglio, esige da parte di tutti, istituzioni civili, religiose e cittadini comuni, una seria riflessione dalla quale nessuno ha il diritto di esimersi. Desidero innanzitutto esprimere solidarietà e vicinanza al Sindaco, dott. Francesco Paolo Ricci, alle donne e agli uomini delle Forze dell’ordine e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà che quotidianamente si adoperano per una città migliore. Insieme a loro, la comunità cristiana non vuole arrendersi e consegnare la città alle logiche distruttive della criminalità. 

Invocare un rafforzamento della sicurezza è legittimo, necessario e quanto mai urgente, eppure la storia ci insegna che la repressione non è mai una soluzione e può illudere di trovare rimedi facili e veloci per risolvere problemi radicati e complessi, che riguardano il ‘tessuto’ della società. Le soluzioni, quando sono ‘a tampone’, non solo non servono a molto, ma col tempo non fanno altro che acuire i problemi. Urge un risveglio delle coscienze che coinvolga la città di Bitonto in una profonda conversione dei cuori di ciascuno e delle strutture di garanzia.

Se allo Stato compete quanto deve per la sicurezza dei suoi cittadini, tutti abbiamo responsabilità che non possiamo delegare a nessuno. Parlavo di un risveglio delle coscienze: noi ‘Chiesa’ abbiamo il compito di ripresentare all’uomo smarrito la mano tesa di Dio, unica vera protezione e garanzia di vita. Finché confidiamo solo nelle strutture dell’uomo non possiamo essere liberi dalla paura e dalla cattiveria, rimanendo incapaci di edificare una città veramente nuova.

La comunità ecclesiale, oggi più che mai, è chiamata a ricordare che gli spazi dell’umano e del quotidiano si costruiscono in dialogo con il divino e con l’eterno. Chi ha “sparato al cielo” l’altra sera, ci consegna un’immagine eloquente di un umano sprezzante della vita, che ha perso ogni riferimento valoriale al rispetto della dignità dell’uomo e un vuoto esistenziale che denuncia la perdita di Dio. Non dimentichiamo: tutto quello che scagliamo verso il cielo ricade su di noi. È il momento di rimettere mano alla carità civile, alla prossimità che si vive sull’uscio di casa, alla partecipazione che si esercita abitando con cura e attenzione le strade e le piazze (piazza dell’Orologio sembra essere una delle piazze di spaccio più grosse del territorio). I nostri padri hanno sognato questi luoghi, li hanno progettati e realizzati come spazi dell’incontro, mentre noi abbiamo lasciato che, progressivamente, si trasformassero in arene dell’illegalità. In modo attivo o passivo, siamo tutti coinvolti.

C’è bisogno di unirsi e adoperarsi per una Bitonto che sia nuova, fatta di persone belle e di “pietre” vive, di luoghi e spazi sottratti alla malavita e restituiti alla cittadinanza, nonché di un impegno corale per recuperare ad una vita dignitosa tutte quelle sacche di marginalità che offrono manodopera a buon mercato alla criminalità. Riappropriamoci di quanto ci appartiene, edificando percorsi ricchi di alleanze educative, prendiamoci cura di noi stessi avendo a cuore il bene comune; torniamo ad un rapporto significativo con Dio per ritrovare il volto del fratello: una Bitonto capace di attestare la sua unica bellezza è possibile.

Giuseppe Satriano, Arcivescovo